Costruito dal celebre Graziadio Antegnati nel 1565 secondo le indicazioni di
Girolamo Cavazzoni organista di corte, constava in origine dì nove registri di
ripieno, due flauti e il fiffaro, la disposizione consueta per gli strumenti
importanti dell’epoca in area padana. Si distingueva tuttavia per le raffinate
esigenze musicali della Committenza: oltre al mi re ut, la gionta alla spagnola
che estendeva la tastiera fino al do gravissimo, era eccezionalmente dotato di
tasti spezzati.
La spezzatura, la divisione cioè di alcuni tasti cromatici in due elementi
sovrapposti, permetteva di superare i limiti dell’accordatura a terze pure in
uso tra Cinque e Seicento fornendo note preziose per una perfetta armonia nelle
modulazioni più ardite e soprattutto, per il trasporto dei brani vocali.
Sicuramente fu Cavazzoni a volere la tastiera enarmonica; la realizzazione fu
problematica, ma alla fine lo strumento fu consegnato tanto buono da non poter dimandar di meglio.
Una pulitura si rese necessaria dopo soli cinque anni in seguito ai lavori di
ampliamento della chiesa; due importanti manutenzioni furono eseguite alla fine
del '500 e nel 1624 ma ancora nel 1692 l’organo viene definito grande, e
buonissimo. Nei primi decenni del ‘700 iniziò la decadenza; da allora le
continue riparazioni ed almeno due manomissioni gravi lo hanno portato alle
tristi condizioni in cui sino a pochi anni orsono lo strumento versava. Abbiamo
notizie di altri progetti di rifacimento totale, ma come per miracolo nessuno di
questi è andato a buon fine: sostanzialmente l’organo Antegnati ha resistito a
tutte le ingiurie inferte dal tempo e dalla mano dell’uomo, e il ritrovamento
del somiere enarmonico, delle relative catenacciature e del crivello originali è
stato senza dubbio una delle scoperte più entusiasmanti in campo organologico
degli ultimi tempi.
Il preziosissimo materiale fonico per quanto alterato fornisce dati sufficienti
a colmare le lacune; non rimanendo traccia di modifiche sette-ottocentesche
degne di nota, ci sono state le condizioni per un restauro che porta al recupero
della fisionomia secentesca dell’ organo, quella più interessante artisticamente
e di fatto la più leggibile. Un Sito musicale di primaria grandezza che è la
Basilica mantovana di Santa Barbara, ritrova il Suo strumento.
* Costruito da Graziadio Antegnati nel 1565.
* Restaurato da Giorgio Carli di Pescantina negli anni 1995 – 2006
Collocato in vano in muratura chiuso da parete lignea, con cantoria lignea,
nella parete sopra la cappella minore, in cornu Epistulae, prima del
presbiterio.
Cantoria e prospetto settecenteschi, riutilizzanti disposizione ed elementi
decorativi originali.
Due portelle in forma di teleri dipinti, raffiguranti S. Barbara e S. Pietro
quando sono chiuse e l’Annunciazione quando aperte, proteggono il prospetto.
Sono attribuite a Fermo Ghisoni.
Facciata in stagno finissimo, di 15 canne divise in 3 campate di 5 canne,
disposte a cuspide, a partire dal FA1 del Principale di 16, con MI, RE e UT
interni alla cassa.
Tastiera di 57 note estesa da DO1 a FA5 con prima ottava corta e 7 note
enarmoniche per le note RE diesis 1, 2, 3 e 4 e per le note LA bemolle 1, 2 e 3
per un totale di 57 tasti, su modello originale.
Pedaliera a leggìo di 18 note, estesa da DO1 a LA2 con prima ottava corta,
costantemente unita alla tastiera.
Registri sull’ordine del 16 piedi, mossi da 12 manette alla lombarda in noce,
disposte in unica colonna a destra della consolle a finestra, ricostruite
assieme alla tavola su modello originale.
Ordine delle manette e dei registri sul somiere, secondo la disposizione dei
catenacci originali:
PRINCIPALE
FIFFARO, dal FA3
OTTAVA
DECIMA QUINTA
DECIMA NONA
VIGESIMA SECONDA
VIGESIMA SESTA
VIGESIMA NONA
TRIGESIMA TERZA
TRIGESIMA SESTA
FLAUTO IN XIX
FLAUTO IN VIII
Sono presenti 312 canne Antegnati o della sua bottega su un totale di 656 fori
del somiere.
Somiere originale, lombardo rinascimentale a vento, interamente in noce,
compreso il pavimento della secreta, con 12 pettini e 57 canali, ventilabri in
abete e punte guida in testa originali.
Crivello in cuoio ricostruito sull’originale, musealizzato dopo trattamento
conservativo.
Manticeria in stanza retrostante, ricostruita sul portavento originale,
costituita da 4 mantici a cuneo azionabili manualmente con stanghe, o con
elettroventilatore, o con un alzamantici elettropneumatico.
Temperamento mesotonico al quarto di comma [esteso].
Corista: 466 Hz a 20 °C e 61 % di U.R. al La4 del Principale. Questo corista è stato determinato dal re diesis 45 del Principale, canna relativa a un tasto scavezzo rinvenuta allo smontaggio al tasto mi 46.
Per il dettaglio e le misure delle canne antiche vedi qui:
Le Canne Antiche
COMITATO SCIENTIFICO DEL RESTAURO
- m° Damiano Rossi†, Presidente e Direttore Lavori;
- arch. Diego Morato della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Brescia Mantova e Cremona;
- prof. Flavio Dassenno, m° Umberto Forni consulenti organologici;
- dr.ssa Licia Mari, ricerca d’archivio.
NOTE STORICHE
3 luglio 1565
"Messer Graciadio ha fornito l'organo di tutto ponto, con gli 12 registri.
Restano gli diexis scavezzi, che sono alquante canne che non sono riuscite a suo
modo ne anche al mio. Però del registro delli Principali sono riuscite. Basta
ch'è di puoca importanza et lui promette farle a Brescia et questo settembre
venir a reveder l'organo e meter su detti diexis... l'organo è riuscito tanto
buono ch'io non saprei domandar meglio et par ch'a questa chiesa sempre vi sia
il giubileo, per la frequentacione del popolo che ci viene per questo…”
Girolamo d’Urbino, organista ducale
6 Giugno 1795
"Levar le due aggiunte laterali… al Summiere, che sono state sempre cative, e di
pregiudizio all’uguaglianza dell’Armonia… e renderlo come fu fatto dal suo
Artefice… servirsi del Summier vecchio, chè ottimissimo, anzi migliore di uno
nuovo… e se non fosse buono non si sarebbe potuto accomodar tante volte l’Organo
senza farle servitù alcuna…”
Giuseppe Ferrari, Organista della Regia Ducal Capella
Lo strumento sopravviveva, sia pure considerato un rudere e occultato dalle
stratificazioni accumulatesi in 430 anni di storia, tribolata e sofferta fin dai
tempi della sua costruzione.
Rarissime caratteristiche organologiche dei materiali, i più antichi rimastici
della bottega di Graziadio, rendevano l’esemplare di Santa Barbara unico al
mondo all'interno dei pochi e preziosi Antegnati rimasti, di valore storico
artistico incommensurabile, un punto di partenza privilegiato per un articolato
progetto teso al recupero dell'intera basilica.
Venne commissionato al più illustre rappresentante della dinastia bresciana, che
delineò lo stile per eccellenza dell'organo rinascimentale padano, mentre
fervevano i lavori di ultimazione della prima stesura della chiesa. Valutato 600
scudi, ebbe come caratteristica eccezionale i tasti enarmonici sui quattro re
diesis-mi bemolle e sui tre sol diesis-la bemolle. Sette tasti neri divisi in
due suoni distinti, che fornivano possibilità musicali enormi: alterazioni
cromatiche e "durezze e ligature" accordate secondo il principio delle terze
pure. Gli intervalli dissonanti divenivano molto più crudi dei nostri, ma
l'effetto era voluto e attentamente controllato, per sottolineare il contrasto
tra luci ed ombre, moto e stasi, tanto caro all'estetica rinascimentale e
protobarocca.
Il degrado generale in cui è stato trovato era molto consistente, dovuto all'uso
intensissimo durante più di 400 anni, ma sopratutto alla continua esposizione,
nei primi 35 anni, a polvere e grossi detriti causati dai ripetuti lavori alla
basilica. Fin dalla nascita quindi ha avuto bisogno di numerosi interventi di
riparazione e riaccordatura, come quello del 1570 di mano di Costanzo Antegnati,
ventenne figlio di Graziadio, di Bernardino Virchi a cavallo del secolo e di
Tomaso Meiarini nel 1624. Alcuni, forse di Giovanni Fedrigotti nel 1718, del
mantovano Andrea Montesanti nel 1759 e di un certo Giuseppe Antonini nel 1804, e
molti altri meno nobili, rendevano lo strumento un grandissimo palinsesto più
volte riscritto, di difficilissima lettura ma mai snaturato.
Sono stati necessari un anno e mezzo di studi preliminari e di ricerche
d'archivio di un’equipe di quattro specialisti, con un’approccio metodologico di
archeologia degli strumenti musicali raro in Italia, per assicurare il giusto
supporto tecnico e il minimo dettaglio documentario al restauro. Ogni minimo
particolare, anche il più insignificante, è stato studiato per ben conoscere
ogni stratificazione storica e scegliere come operare.
Il lavoro, durato 12 anni anche a causa dei lavori di recupero della basilica, è
stato affidato all'organaro Giorgio Carli di Pescantina, restauratore di grande
sensibilità e non comune esperienza.
Dopo 441 anni da quel lontano Settembre del 1565 lo strumento torna a far
sentire le sue preziose armonie.